01 Giu Il Discorso di Ratisbona di fronte alle sfide dell’ interculturalità
Lo speciale “Quel che resta di Ratisbona” è a cura di Gabriele Palasciano. Testo di Milena Santerini* .
[…] Il dialogo – non più semplice opzione ma esigenza radicata e intrinseca all’essenza stessa della Chiesa, così come affermato nel post-Concilio – avviene quindi tra culture vive, incarnate nelle persone, idonee al contatto reciproco (J. Ratzinger, Fede, verità, tolleranza. Il cristianesimo e le religioni del mondo, Cantagalli, Siena, 2003, p. 84), non oggetti da preservare intatti dalle contaminazioni derivanti dall’incontro con gli altri o da reinventare come mito fondatore di gruppi o nazioni: «una cultura, nella misura in cui è veramente vitale, non ha motivo di temere di essere sopraffatta, mentre nessuna legge potrebbe tenerla in vita quando fosse morta negli animi» (Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata della pace, gennaio 2001). Questa cultura storica è aperta al confronto e potenzialmente universale. Tutto ciò che in una cultura si chiude al cambiamento e al dialogo appare una deficienza della cultura stessa; la diversità che porta all’isolamento è causata dal limite dell’uomo, quando perde di vista il mosaico di vita che rivela «la complementarità e l’interconnessione. Per essere se stesso, ognuno ha bisogno dell’altro» (J. Ratzinger, Cristo, la fede e la sfida delle culture, cit., p. 24). La dimensione interculturale, in altre parole, scaturisce dall’intrinseca apertura universale delle culture al senso universale dell’uomo. Il rapporto tra fede e cultura, quindi, non avviene più solo in termini di “trapianto”, come nell’inculturazione, ma di reciprocità e di scambio. Il pluralismo diventa un’occasione di completamento e di apertura, nonché di purificazione delle culture dagli elementi al loro interno che schiacciano o degradano l’uomo (M. Santerini, «Il dialogo interculturale oggi nella Chiesa», in Humanitas, 1996, 1, pp. 75-85). Ecco quindi le caratteristiche del dialogo interculturale, che avviene in un disordine creativo e vitale, anche se spesso drammatico (si vedano su questo le bellissime pagine di Alphonse Dupront). La cultura più forte può stringere l’altra in un “abbraccio mortale”, e «solo una cultura viva, allo stesso tempo fedele alle proprie origini e in stato di creatività è capace di sopportare l’incontro con altre culture, e anche di dare un senso a quell’incontro» (P. Ricoeur, La questione del potere, Costantino Marco editore, Lungro, 1992, p. 129).
Nella globalizzazione ci si accorge ancor più di essere uguali e diversi, con elementi culturali in comune e altri dissimili, intrecciati in sintesi originali e irripetibili. La dimensione del dialogo interculturale è perciò costitutiva del cristiano, come bisogno, avverte Joseph Ratzinger, che lo avvicina all’unità del suo essere. Poiché ogni spirito attua solo un aspetto o una parte della verità, come scrive Yves Congar, ogni spirito ha il bisogno strutturale di scambiare e di ricevere ed è «votato al dialogo, all’accoglienza dell’altro, al diverso» (Y.Congar, Diversità e comunione, Cittadella, Assisi, 1983, p. 64). L’incontro non avviene però all’insegna del relativismo assoluto che, affermando l’uguale validità degli elementi culturali, postula anche la loro separazione, la chiusura in un cosmo autonomo e la non-comunicazione. Al contrario, è indispensabile confrontare gli elementi, gli strumenti e le diverse risposte elaborate per far fronte agli stessi problemi prendendo le distanze dal relativismo – ma non dalla relatività delle culture – e adottando un metro valutativo meta-culturale (M. Santerini, Intercultura, La Scuola, Brescia, 2003 ). Se però sono le persone, e non le culture, a incontrarsi, il dialogo assume la forma sempre più di un agire insieme. In questo senso, operare per il dialogo significa sempre di più, come affermava il cardinal Carlo Maria Martini, andare oltre il «dialogo sul dialogo». È di questo dialogo nella vita, nei fatti, nell’agire sociale e politico che c’è bisogno, in tempi di sfiducia verso la possibilità di incontrarsi.
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* Milena Santerini è Professore ordinario di pedagogia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Direttrice del Centro di Ricerca sulle Relazioni Interculturali. Autrice di vari volumi sul tema del dialogo tra cui Intercultura (Brescia 2003), Il racconto dell’altro (Roma 2008), La scuola della cittadinanza (Roma-Bari 2010), Educazione morale e neuroscienze (Brescia 2011). Dal 2013 è deputata nel Parlamento italiano. È Presidente dell’Alleanza Parlamentare contro l’intolleranza e il razzismo del Consiglio d’Europa.