Voce del verbo mamma

Ho sempre preferito i verbi alle parole. In qualche modo mi sembra abbiano più concretezza, più utilità, più dignità: le parole descrivono il mondo, i verbi lo realizzano; le parole sono etichette appiccicate alle cose, i verbi le rendono vere; le parole sono statiche, immutabili, solide. I verbi, al contrario, sono fluidi, versatili, dinamici.

Quasi tutte le azioni necessarie alla vita, infatti, sono affidate ad un verbo: essere, fare, dormire, mangiare, sognare, sperare, credere, amare, soffrire. Quasi, perché ne manca uno. Manca il verbo per la parola mamma.

Essere madre, fare la madre, avere una madre non bastano. Ci vorrebbe un verbo che li accolga tutti, e anche di più, grande come l’universo, dai mille significati. Dovrebbe contenere l’amore, la paura, il dolore, il desiderio, la speranza, l’empatia. Sarebbe sinonimo di scelta ma anche di casualità, di ambizione, abbandono, identità. Indicherebbe l’attesa e la resilienza, la stanchezza e l’energia, il conforto e il confronto. Avrebbe in sé un po’ del possedere, del perdere, del ricordare, del rimediare.

Potrebbe iniziare con la a, oppure con la zeta, per non confondersi tra gli altri nelle pagine del dizionario. Conterrebbe interminabili voci, scritte in tutte le lingue, su fogli a colori. E niente coniugazioni al passato, presente o futuro: solo infinito.

Forse è per questo che non lo abbiamo inventato: avrebbe dovuto indicare tutte le cose belle del mondo, ma anche quelle cattive. Perché essere madre, fare la madre e avere una madre non sono sempre cosa facile, buona e giusta.

Tra gli innumerevoli dilemmi e dibattiti sulla maternità – senz’altro legittimi, urgenti e necessari – una cosa mi colpisce più di tutte: l’inversione di rotta. Un tempo, l’essere donna era definito dall’ essere madre; oggi sembra che l’essere madre possa in qualche modo renderci meno donne.

Dunque, in mancanza di soluzioni immediate e alla ricerca di un punto di mezzo, io sogno un futuro in cui esista la voce del verbo mamma, né sinonimo e né contrario di donna. E sogno un futuro in cui questo verbo non faccia più paura.

Giulia Tosana