Testimonianza (e storia) dei valdesi

da Il Sole 24 Ore – 2 giugno 2024 – di Gianfranco Ravasi.
In questo articolo il Cardinal Ravasi ci presenta la tetralogia in via di pubblicazione per Claudiana: il secondo volume sulla scelta di aderire alla Riforma di Lutero e il quarto sulla presenza in Italia.

Lo scorso 17 febbraio si sono celebrati gli 850 anni da quel 1174 considerato come la data della nascita di un importante movimento religioso, quando il ricco mercante lionese Valdo decise di liberarsi dei suoi beni e con un piccolo gruppo di seguaci, iniziò la sua predicazione e la sua testimonianza, anticipando la spogliazione che nell’aprile 1207 avrebbe compiuto Francesco d’Assisi. La sua scelta aveva, però, una meta che travalicava la pura e semplice povertà evangelica perché proponeva anche l’accesso diretto dei fedeli alle Sacre Scritture, la libera predicazione del Vangelo, la separazione della comunità cristiana dal potere politico, il superamento della distinzione tra clerici e laici.

A quanto è riferito da un testo giunto a noi nella versione latina della prima metà del Trecento, Valdo si recò anche a Roma ove, nonostante il divieto, predicò il suo messaggio e creò persino una piccola comunità di seguaci. Nel 1532 i valdesi aderirono alla Riforma luterana e, nonostante le molteplici persecuzioni, si diffusero in Europa e in America Latina. Da noi sono note le cosiddette “Valli valdesi” in Piemonte e molti romani conoscono il loro tempio principale eretto in piazza Cavour tra il 1911 e il 1914 e riconoscibile anche per le due torri cilindriche angolari. La svolta era avvenuta in un altro 17 febbraio, quello del 1848 quando re Carlo Alberto con le Lettere patenti concesse loro i diritti civili e politici.

È per questo che ogni anno i valdesi tra il 16 e il 17 febbraio festeggiano la “Notte dei fuochi”, con l’accensione di falò nei loro villaggi piemontesi, ma anche in alcuni centri italiani ove si sono diffusi. In un’intervista rilasciata alla rivista «Rocca», in occasione del centenario, uno dei maggiori esponenti della Chiesa valdese, il pastore Paolo Ricca – che è anche un teologo prestigioso, evocato talora anche in queste pagine per la sua straordinaria bibliografia – ha così sintetizzato il nucleo dell’eredità del valdismo: «L’urgenza dell’annuncio cristiano e la centralità della Bibbia per la fede e la vita di ogni cristiano».

In questa luce egli riteneva che, pur nel rilievo dell’incarnazione della Chiesa nelle coordinate storico-sociali (i valdesi si distinguono per il loro impegno nei vari diritti civili e nella solidarietà e accoglienza), si debba riportare il baricentro su Dio, come faceva Cristo che non parlava tanto delle sue opere – pur rilevanti – ma di quanto Dio stesso compisse attraverso lui per attuare il suo Regno di salvezza. Non per nulla, uno dei libri recenti più fortunati di Ricca, da noi presentato lo scorso anno, reca il titolo lapidario Dio. Egli recupera una formula di quel martire del nazismo che è stato il teologo protestante Dietrich Bonhoeffer, «la trascendenza nell’ al di qua». L’anelito verso l’Oltre non aliena ma invera il qui e l’oggi.

È noto che la Chiesa valdese si avvale di una vivace editrice torinese, la Claudiana, che ha acquisito anche la bresciana Paideia, che era leader nelle pubblicazioni di esegesi e di filologia biblica. Essa ha allestito un imponente polittico di tomi dedicati all’arco intero della Storia dei valdesi. Si tratta di una tetralogia che parte dalle origini e dalla prima fase (XII-XV sec.), analizza l’adesione alla Riforma protestante (1532-1689), giunge all’emancipazione sabauda (1690-1870) e approda alla presenza in Italia (1870-1990). Un itinerario delineato attraverso una legione di studiosi che si sono consacrati a una ricerca documentaria impressionante, anche perché si tratta di una vicenda complessa con luci e ombre, continuità ed evoluzione, identità e dialogo.

Abbiamo potuto sfogliare finora i volumi 2 e 4 della tetralogia in corso di pubblicazione. Da un lato si perlustra «la difficile scelta» dell’adesione dei «poveri di Lione», come venivano denominati i valdesi, alla Riforma di Lutero, acquisendo un volto dai lineamenti più netti. Incastonati nell’Italia cattolica, essi riuscirono a permanere anche nei tempi di persecuzione, sia pure con sforzi di adattamento e di convivenza. Cacciati dalle loro terre alla fine del Seicento, vi ritorneranno persino in armi per una nuova fase storica. Naturalmente l’affresco tracciato è affollato di personaggi, di eventi, di vicende, di strutture religiose e sociali.

D’altro lato, il tomo 4 è di interesse più immediato perché l’obiettivo degli studiosi si concentra sull’orizzonte italiano, a partire dalla citata emancipazione del 1848. Si procede dalle Valli piemontesi e da altre regioni, con templi e istituzioni (si pensi, ad esempio, al villaggio ecumenico di Agape, ai vari centri in Lombardia e nel Mezzogiorno), si evoca l’irruzione del fascismo e si descrive l’elaborazione di una teologia specifica. I valdesi, infatti, si sono trovati davanti alla sfida ecumenica, al coinvolgimento tra fede e politica nelle questioni civili, alla presenza pubblica, al legame con le comunità latino-americane, in particolare in Argentina, all’integrazione coi metodisti (1975), all’Intesa con lo Stato italiano (1984), per cui curiosamente le scelte dell’8 per mille rivelano una popolarità dei valdesi ben superiore alla loro entità numerica.

Tanto altro c’è in questo piccolo mare di pagine, preziose però per ricostruire non solo la trama storica di una significativa minoranza religiosa, ma anche per scoprirne la presenza nella società italiana. In questa luce è, ad esempio, suggestivo sfogliare il ricco dossier fotografico del quarto volume, ove entrano in scena varie personalità politiche come i presidenti Cossiga (alla Facoltà Teologica di Roma) e Scalfaro a Torre Pellice o Craxi, Forlani e Amato per la firma dell’Intesa tra lo Stato italiano e la Chiesa valdese. Al tempo stesso, però, si assiste ai vari momenti pubblici della vita di una comunità e alla sua testimonianza cristiana sempre vivace e creativa.