Terrazze, nascite e disgrazie

Una sera di fine estate, in una Roma calda e ancora silenziosa, su una terrazza e attorno a un tavolo va in scena un momento squisitamente femminile. Quattro amiche, giovani donne affacciate da poco alla vita adulta, fanno esattamente ciò che ci si aspetta da loro: parlano male degli uomini, in una danza quasi ermetica di bisbigli, sorrisi e segreti.

Una di loro è mamma da poco più di un anno, un’altra sarà mamma tra poco meno di un anno. E insieme condividono paure e speranze per le nuove vite che mettono al mondo.

«Speriamo sia maschio.»

«Perché?»

«Perché essere donna, al giorno d’oggi, è difficile. La vita degli uomini è molto più semplice.»

Siamo nel 2020.

Tempo dopo – quelle chiacchiere tra amiche ormai divenute ricordi – ho riletto quasi per caso un pezzo di “Lettera a un bambino mai nato”. Oriana Fallaci scriveva:

Sarai un uomo o una donna? Vorrei che tu fossi una donna. Vorrei che tu provassi un giorno ciò che provo io: non sono affatto d’accordo con la mia mamma la quale pensa che nascere donna sia una disgrazia. La mia mamma, quando è molto infelice, sospira: «Ah, se fossi nata uomo!». Lo so: il nostro è un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini.

Era il 1975.

Quindi è così: quarantacinque anni dopo pensiamo ancora, il più delle volte, che essere donna sia una disgrazia. Lo pensiamo noi, nate donne, cresciute donne.

E allora vorrei tornare là, adesso, a quella sera di fine estate, in una Roma calda e ancora silenziosa, su una terrazza e attorno a un tavolo. Tra quelle quattro amiche porterei pure la Fallaci, le direi: «Oriana, aiutaci a sperare che sia femmina. Spiegaci tu perché nascere donna non è una disgrazia» e ascolterei incantata il suo inno alla forza, alla resilienza, al coraggio.

«Il cuore e il cervello non hanno sesso! Ben detto Oriana, mi hai convinto, sarà femmina e sarà una guerriera.»

Ma poi qualcuno direbbe: «lo vedi? Ancora non è nata e già dovrà lottare. Ecco cosa spetta a noi donne.»

E allora io, nata donna, cresciuta donna, a quelle amiche – e anche a Oriana Fallaci – direi: «Nascere femmina sarà forse una disgrazia, ma lo è anche nascere maschio!»

E dovrei raccogliere tutto il mio coraggio per urlare ad alta voce la più impopolare delle opinioni.

Perché se è vero che il nostro è un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini, allora – permettetemi di dirlo – non hanno fatto un gran lavoro. Chi vorrebbe vivere in un mondo in cui vince sempre e solo il più forte, il più bello, il più potente, il più ricco? Arare i campi, sedurre le femmine, andare in guerra, mantenere la famiglia, avere successo, non piangere mai: anche queste mi sembrano disgrazie. Diverse certamente da quelle che affrontano le donne, non più grandi ma nemmeno più piccole.

«Speriamo che sia maschio, allora, ma che abbia il coraggio di essere fragile, la libertà di essere umile e il cuore per essere semplice. Oppure speriamo che sia femmina, ma non per forza una guerriera. Speriamo che, maschio o femmina, sappia difendere le sue opinioni, soprattutto quelle impopolari. E speriamo, poi, che non pensi alla sua nascita come a una disgrazia. Perché trovare il proprio posto nel mondo – tra stereotipi e convenzioni sociali – è un’immensa fatica. Ma lo è per tutti. Uomini e donne.»

***

Se avessi avuto il privilegio di incontrare Oriana Fallaci, non avrei detto certo queste cose. Ma se potessi tornare là, a quella sera di fine estate, in una Roma calda e ancora silenziosa, su una terrazza e attorno a un tavolo, probabilmente si.

Giulia Tosana