Strada ancora lunga per le donne al vertice

da Il Sole 24 Ore – 5 novembre 2023 – di Gianfranco Ravasi

In questo articolo il Cardinal Ravasi racconta le sette testimonianze ricevute dalla teologa Marinella Perroni in merito alla possibilità di alcune donne di diventare sacerdote, rabbino o imam, rivelando un androcentrismo linguistico ancora dominante.

È stata una delle più curiose riletture dell’organizzazione del «primo staff della storia», quello di Gesù con dodici apostoli, a partire dal “cerchio magico” (l’inner circle) costituito dal trio Pietro, Giovanni e Giacomo. Subentrava il “secondo cerchio” mediano con l’apostolo Filippo, che aveva reclutato Bartolomeo/Natanaele, e con le figure del funzionario delle imposte Matteo e di Tommaso, simile a un “uomo di scienza” alla ricerca di prove. Infine, il “terzo cerchio” col tesoriere del gruppo Giuda, il futuro traditore. E su tutti ecco il primo chief of staff, ovviamente Pietro.

A coniare questo organigramma era stato Antonio Funiciello che di tali meccanismi era ben esperto, essendo stato capo di gabinetto di Gentiloni e di Draghi durante la loro presidenza del Consiglio, e lo ha fatto in un saggio godibilissimo sul Metodo Machiavelli, ovvero «come servire il potere e salvarsi l’anima» (BUR – Saggi 2022). La sua straordinaria competenza attorno al fenomeno capitale nelle società di tutti i tempi, la leadership, gli ha permesso anche di esemplificarne le tipologie in un altro testo, Leader per forza (Rizzoli 2023), ove a coppia entravano in scena Cavour e Lincoln, Golda Meir e Truman, Mandela e Havel.

Che il soggetto affascini e provochi riflessioni emerge anche da un’opera più sistematica, edita da Carocci quest’anno, scritta da Gianluca Giansante col titolo lapidario Leadership, esplicitata dal sottotitolo «Teorie, tecniche, buone pratiche e falsi miti». L’itinerario proposto è rigoroso nella documentazione ma è anche vivace e fin narrativo, anche perché l’autore è un esperto affermato nel settore della comunicazione e delle relazioni istituzionali, che insegna anche all’università Luiss. Pure lui sceglie la sua galleria di modelli con Marco Aurelio, Gandhi, Churchill e Malala, la ragazza Nobel per la pace nel 2014 a soli 17 anni.

È proprio la leadership femminile il tema più rovente e questo appare anche nelle sette testimonianze raccolte dalla teologa Marinella Perroni: di scena è un soggetto ancora più incandescente, ossia le Leadership religiose, con la naturale aggiunta La parola alle donne. A parlare sono sette figure femminili che rappresentano un arco confessionale aperto dall’ebraismo. Subito entra in scena l’interrogativo che nel giudaismo attuale ha ancora lo stesso impatto emozionale che echeggia, sia pure in una forma diversa, nelle altre due fedi abramitico-monoteiste: «Donne rabbino?». A rispondere è Miriam Camerini che ha avviato questo percorso verso il rabbinato (ma non è l’unica nell’ambito della variegata galassia rituale giudaica) presso la scuola Har’El di Gerusalemme, una della prime accademie rabbiniche aperte alle donne.

Analoga è la domanda: «Donna sacerdote?». A intervenire con un discorso più ampio e articolato è la stessa curatrice Perroni, teologa cattolica e femminista che si inoltra fino al crocevia bloccato ove si leva il monito della Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis (1994) di Giovanni Paolo II: «Dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa». La posizione critica dell’autrice è abbozzata nettamente, fermo restando che il dibattito ecclesiale attuale, come ha attestato anche il recente Sinodo, si allarga verso un orizzonte più vasto sul rilievo da assegnare alla donna nella Chiesa, un tema su cui si dice molto ma i cui esiti sono ancora da costruire.

Le testimonianze cristiane si sfrangiano con la storia di una pastora battista e, più in generale, con la presenza delle donne nel mondo protestante e con una curiosa puntata anche in un perimetro ristretto ove interviene la vescova Teodora Tosatti della cosiddetta Chiesa vetero-cattolica, nata dal rigetto dell’asserto del Concilio Vaticano I (1870), sull’infallibilità papale ex cathedra e sulla giurisdizione universale del pontefice romano. Manca la testimonianza dell’Ortodossia che ricalca comunque la posizione cattolica escludendo il sacerdozio femminile.

A questo punto ecco gli ultimi due interrogativi: «Donna imam?». La risposta è affidata a un’islamologa, Marisa Iannucci, donna di sinistra e femminista che trent’anni fa ha abbracciato l’islam. Il suo è un affresco storico variegato che cerca una sorta di asse nella figura di una donna medinese, Umm Waraqah che, secondo un antico hadith (detto) di Maometto, sarebbe stata incaricata dal profeta di guidare la preghiera dell’assemblea in una comunità di allora. È nota la differenza tra il sacerdozio cattolico e l’imamato, ma il percorso «sui passi di Umm Waraqah» sembra essere ancora accidentato, nonostante che alcune moschee europee, americane e asiatiche abbiano accettato imam donne.

Eccoci all’ultima domanda: «Può una donna diventare buddha?». La risposta piuttosto ardua da decifrare, considerato il sistema lessicale e ideale diverso da quello occidentale, è assegnata a una docente di buddhismo tibetano, divenuta fedele di quella religione, praticante e insegnante di Dharma. Anche in questo orizzonte non tutto è lineare e l’auspicio è a un “risveglio” delle donne, vocabolo che in pali è bodhi, ossia uno “svegliarsi alla Realtà” suprema, alla natura di «buddha» che è insita in ogni persona, «scalfendo l’androcentrismo linguistico dominante coniugato al maschile».

In sintesi, sia pure con tutte le variazioni delle situazioni, da un lato si devono riconoscere le conquiste attuate e l’evoluzione della sensibilità, e dall’altro si deve affermare che l’ascesa verso la vetta di una leadership religiosa femminile piena ha ancora davanti a sé un notevole tratto del sentiero d’altura da valicare.

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