Pio XII amava televisione e musica

da Il Sole 24 Ore – 30 ottobre 2022 – di Gianfranco Ravasi

 

In questo articolo il Cardinal Ravasi analizza gli appunti di Giovanni Battista Montini sugli incontri con Papa Pacelli tra il 1945 e il 1954.

«Chi non ricorda, non vive»: così ammoniva Giorgio Pasquali in Filologia e storia (1920). La smemoratezza culturale dei nostri giorni trova, però, un bastione invalicabile nei grandi archivi storici. Uno degli scrigni supremi di memorie remote e moderne, dotate di fecondità vitale, è l’Archivio Apostolico Vaticano, così denominato da papa Francesco con un motu proprio del 22 ottobre 2019, sostituendo la più arcigna (e popolare) titolatura precedente di «Archivio Segreto Vaticano». A dirigerlo come prefetto è attualmente un vescovo barnabita che è anche un importante storico, Sergio Pagano.

È a lui e ai suoi collaboratori che dobbiamo ora una sorprendente edizione critica che suggeriamo come esemplare metodologico a chi vuole esercitare un’autentica prassi archivistica, ma è aperto anche a tutti i cultori della nobile curiositas storica. Di scena sono 1.850 carte manoscritte di taccuino appartenenti a un genere letterario curiale, ossia i «fogli di udienza» nei quali l’allora «sostituto» (una sorta di vice del Segretario di Stato) Giovanni Battista Montini annotava allusivamente e spesso cripticamente i contenuti dei suoi incontri d’ufficio con Pio XII o con ambasciatori, prelati e altre persone.

L’arco storico di questi appunti è più ristretto rispetto ai suoi contatti col papa, iniziati già nel marzo 1939, pochi giorni dopo l’elezione al pontificato: si va, infatti, dal 5 luglio 1945, con una nota preparatoria per la visita ufficiale di Enrico De Nicola, presidente della Repubblica, fino al 28 novembre 1954, quando ormai Montini era stato preconizzato dal 1° novembre arcivescovo di Milano. Su questo incarico nell’opera di Pagano si elencano tutte le interpretazioni maligne e benevole, con la successiva vivace «profezia» dell’amico e grande intellettuale don Giuseppe De Luca: «Verrai [a Roma], con altra voce, con altro vello. Tu sei romano».

Il dittico di tomi è imponente non solo quantitativamente (i soli indici occupano più di 200 pagine!) ma soprattutto per la straordinaria acribia nell’identificare e profilare – nelle mastodontiche ma necessarie note in calce – eventi e personaggi e spesso nel decrittare gli enigmi di certi appunti del tipo «Carli? Colonna: auto; Pisa: subito; De Mori» e così via. Per non parlare poi delle intersezioni con altre fonti archivistiche. Per facilitare i percorsi in questa selva di dati, Pagano ha abbozzato nell’introduzione una sorta di mappa, articolata per soggetti. Noi ora ne selezioneremo alcuni meno “istituzionali”.

Largo spazio è riservato, ad esempio, alla comunicazione che vede un Pio XII sorprendentemente molto sensibile alle riprese audiovisive. Scontato è l’uso della radio, non solo di quella vaticana, allestita dallo stesso Guglielmo Marconi sotto il precedente pontificato di Pio XI, ma anche della Rai oggetto di un ascolto costante, soprattutto nel programma Il Convegno dei Cinque, un talk show di livello che dal 1946 continuò fino al 1990. Altrettanto comprensibile è l’attenzione alla stampa, soprattutto di partito come «l’Unità», «Avanti», «Il Popolo» e i settimanali satirici anticlericali, come «Don Basilio» o «Il Pettirosso».

Inattesa è, invece, la premura per la televisione, sui cui schermi papa Pacelli iniziò ad apparire nel 1949 con un’emittente francese e nel 1950 con quella italiana, dando persino indicazioni alla regia («2 Guardie Nobili senza spade sguainate», «senza armi impugnate! – spade nel fodero»). Né mancò una lettera all’episcopato italiano Circa l’uso della televisione (1954). Certamente a dominare era la preoccupazione apologetica, come accadde anche per il cinema nei confronti del Daniele Cortis di Soldati (1947) o L’amore di Rossellini (1948) e del Martin Luther di Pichel (1953) per il quale Montini annota: «Protestare…presso il governo: così i cattolici tedeschi e americani».

Ampio è il capitolo sulla scienza che incuriosiva il papa, in particolare per la medicina, ma anche con la clamorosa vicenda della Vita di Galileo di mons. Pio Paschini, storico qualificato, costretto dal S. Offizio a cedere il manoscritto per 20mila lire, così da impedirne la pubblicazione, mentre sull’«Osservatore Romano» imperversava un discutibile e un po’ isterico matematico, tale Giovanni Andrissi. Un altro soggetto caro al papa risulta la musica che egli seguiva nei concerti quand’era nunzio a Monaco o Berlino. Lunga è la lista dei più famosi cantanti di allora da lui ricevuti in udienza e dei musicisti come Respighi e Mascagni, ma anche quella degli autori preferiti come Bruckner, Wagner, Mendelssohn, Perosi etc.

Quasi divertente è il caso Mozart; pur appassionato del grande musicista, Pio XII impedì che si concedesse il patrocinio della Santa Sede alle celebrazioni del II centenario della sua nascita (1956) per l’«immoralità» del suo Don Giovanni. Non manca poi il rimando allo sport con le due figure emblematiche del prediletto Bartali ma pure di Coppi stimato fino alla famosa vicenda della Dama bianca. Manca, invece, in questa mappa la sfilata dei politici, pur numerosi e di varia estrazione e apprezzamento, a partire da Andreotti, anche se Pagano riferisce il complesso e dialettico rapporto di Pacelli con De Gasperi, consapevole della distinzione tra fede e politica, e con altri esponenti del cattolicesimo “progressista”. Per questo settore basterà, comunque, sfogliare il vasto indice finale.