05 Giu Paolo fra avvocati e filosofi
da Il Sole 24 Ore – 31 maggio 2020 – di Gianfranco Ravasi.
In questo articolo il Cardinale Gianfranco Ravasi ripercorre il profilo biografico e approfondisce il pensiero filosofico e la riflessione teologica del Santo di Tarso.
«Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva affittato e accoglieva tutti quelli che venivano da lui, annunciando il regno di Dio e insegnando quanto riguardava il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimenti». È questa l’ultima notizia che, sotto la penna dell’evangelista Luca nella sua seconda opera, gli Atti degli apostoli (28,30-31), il Nuovo Testamento ci offre sulla biografia finale dell’Apostolo. Luca, che scrive probabilmente a pagani convertiti, non esita a celebrare le garanzie che il diritto romano riservava ai suoi cittadini: il termine tecnico parresía, da noi tradotto con «franchezza», definisce infatti la libertà di parola che permane, anche nella fattispecie degli arresti domiciliari, come nel caso di Paolo. Egli aveva usufruito dello ius soli, contemplato dalla legislazione imperiale, a causa della sua nascita a Tarso, città romana dell’Asia minore, ricorrendo in appello al tribunale supremo.
Nulla, quindi, sappiamo dell’esito di tale ricorso: «Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai», gli aveva detto con rammarico il governatore Festo che l’aveva in custodia nella sua residenza di Cesarea Marittima nella Palestina sotto occupazione romana e che lo considerava innocente rispetto alla denuncia delle autorità giudaiche (Atti 25,1-12). Al riguardo, dall’epistolario paolino non riusciamo a cavare dati utili e non controversi. Si sono, così, sprecate le ipotesi. Alcuni hanno pensato a un primo atto di clemenza del tribunale neroniano: Paolo avrebbe in tal modo realizzato il suo progetto di recarsi in Spagna, evocato nella Lettera ai Romani (15,24). Certo è che un’antica testimonianza attesta il successivo suo martirio per decapitazione sotto l’imperatore Nerone.
Ebbene, in questa trama di eventi documentati e di vuoti si innesta un noto esegeta tedesco, Gerd Theissen, già docente all’università di Heidelberg, e lo fa intessendo ai dati storici attestati i fili della libera ricostruzione con spunti anche romanzeschi. È un’operazione che egli aveva compiuto con Gesù attraverso l’opera L’ombra del Galileo, un testo approdato in Italia nel 1990 e successivamente riedito. Ora di scena è Paolo e la vicenda parte nell’anno 61, quando il prefetto di Roma sarebbe stato assassinato e gli eventi che ne scaturirono condussero all’incendio della capitale e alla persecuzione anticristiana di Nerone nella quale fu coinvolto l’Apostolo. Qui si apre la fiction con l’ingresso sulla ribalta di un avvocato romano, un certo Erasmo.
È la comunità giudaica che lo stima (egli appartiene a un circolo filosofico stoico «progressista» pagano del quale, però, sono adepti anche alcuni ebrei) a proporgli la difesa di un personaggio così originale e dalla forte personalità come è Paolo, in costante dialettica coi suoi stessi fratelli d’origine nella fede, ma pure con la cultura romana, e persino con alcuni cristiani e alla fine con lo stesso avvocato. Noi ci fermiamo qui, sulla soglia del racconto, non senza aver segnalato un dato rilevante. La competenza di Theissen – stimato per i suoi studi sulla sociologia del cristianesimo delle origini e autore anche di un saggio sulla Lettera ai Romani – permetterà al lettore di conoscere in modo attraente anche la dottrina dell’Apostolo e di averne alla fine un ritratto nel quale gli spazi lasciati bianchi dalla documentazione storica sono colorati in modo creativo ma non troppo fantasioso.
E dato che ci siamo, nell’imponente flusso di studi su Paolo, avendo alluso all’originalità del suo pensiero oltre che del suo carattere, rimandiamo a un focus tematico approntato da uno studioso docente nelle università pontificie romane, Giuseppe Pulcinelli. Egli, infatti, punta il suo obiettivo sul cuore dell’elaborazione teologica paolina, a partire soprattutto dai nodi fondamentali presenti nello scritto indirizzato ai cristiani di Roma. Alcuni sono entrati anche nella cultura comune, soprattutto dopo la Riforma luterana: pensiamo, ad esempio, al tema della «giustificazione per fede». In realtà l’analisi condotta dall’esegeta risale alla sorgente ultima da cui fluisce l’intero corso della riflessione dell’Apostolo, ossia la morte di Cristo, coi suoi aspetti espiatori, sacrificali, redentivi e «agapici» (la solidarietà per amore del Crocifisso con l’umanità caduca e peccatrice).
La «grazia», vista come dono divino salvifico che precede ed eccede il merito umano, è appunto il centro dal quale si dirama l’intero sistema teologico ma anche l’esperienza personale paolina. Si supera, in questa concezione «agapica», l’immagine di un Dio inesorabile che esige la morte del Figlio per placare la sua collera o soddisfare la sua giustizia offesa dal peccato e dalla ribellione umana. Ma, a questo punto, vorremmo lasciare spazio a un altro saggio, molto suggestivo, di un teologo che opera in Giappone, pur avendo una cattedra anche all’università Gregoriana di Roma. Sappiamo quanto si stia sviluppando la ricerca sugli effetti che le grandi opere coi loro autori generano nel percorso dei secoli. Il caso di Cristo e dei Vangeli è indubbiamente quasi archetipico all’interno di tutte le discipline della cultura.
Significativo, però, è anche Paolo e a dimostrarlo in modo molto originale e fin sorprendente è appunto quel teologo, Tiziano Tosolini, che ricrea un’ideale replica del celebre confronto che l’Apostolo stabilì all’Areopago di Atene (Atti 17), allora con un esito fallimentare. Uno scacco solo apparente perché il suo pensiero così incandescente non cesserà di interpellare, inquietare e provocare. E non solo la ricerca teologica, come ricordava il filosofo e matematico inglese Alfred N. Whitehead, autore con Russell dei Principia mathematica (1910-13), secondo il quale, se la tradizione filosofica europea consiste in una serie di annotazioni a Platone, la teologia cristiana lo è riguardo a san Paolo. Sulla ribalta vengono ora chiamati proprio i filosofi, a partire da un inatteso Heidegger con la sua lettura fenomenologica dell’epistolario paolino agli inizi del suo magistero (siamo nel 1920-21). Subentra l’interessante e più recente intervento dell’ebreo tedesco Jacob Taubes con le sue quattro lezioni del 1987 sulla «teologia politica di san Paolo», edite postume e tradotte da Adelphi nel 1997.
Se da lui l’Apostolo è visto come «fondatore del nuovo popolo di Dio», per il francese Alain Badiou egli è il «fautore dell’universalismo», mentre le intense e spesso straordinarie pagine del Tempo che resta di Giorgio Agamben, che attingono al capolavoro teologico della Lettera ai Romani, delineano un’architettura mirabile sul valore del «tempo» in tutte le sue iridescenze. Chiamato sul palco è, poi, il filosofo sloveno contemporaneo Slavoj Žižek che può spiazzare col suo «materialismo paolino» posto, in dialettica con Badiou, sotto l’ombra dell’impotenza di Dio e quindi di un cristianesimo che deve procedere nella storia in stato di «a-teismo». Subentra Gianni Vattimo il cui «cristianesimo debole» viene raccordato alla kénosis, cioè allo «svuotamento» che Paolo assegna al Cristo crocifisso (Filippesi 2,7-8). A differenza di Michel Foucault che nel suo Coraggio della verità punterebbe piuttosto a quella parresía che abbiamo citato in apertura, la forza appunto di «dire il vero».
A chiudere la grandiosa tavola rotonda allestita da Tosolini emerge curiosamente il «decostruttore» Jacques Derrida che si confronta con la smitizzazione paolina della circoncisione e quindi dell’identità e dell’appartenenza, e persino del tallith, il manto rituale giudaico, squarciato come il velo che Mosè indossava per celare il suo volto radioso a causa dell’incontro con la luce accecante di Dio. Il nostro è stato solo un indice, ma l’ascolto delle voci di questi otto filosofi in duello o duetto con l’Apostolo riescono – per merito del loro commentatore – non solo a creare un profilo inedito di «questo dolcissimo, terribile Paolo» (così Derrida con Hélène Cixious in Veli, ed. Alinea 2004) ma anche di questi suoi inaspettati esegeti.