Il messaggio di Cristo in Manzoni

Da Il Sole 24 Ore – 21 maggio 2023 – di Gianfranco Ravasi

In questo articolo il Cardinal Ravasi racconta di come il messaggio di Cristo all’interno dei Promessi Sposi sia presente nella struttura spirituale e morale dell’opera.

Posso essere testimone personale di un asse culturale tipico di molti popoli antichi e recenti, la memoria generazionale. Mia nonna paterna, infatti, mi ricordava di essere nata negli stessi giorni in cui moriva Alessandro Manzoni, 150 anni fa, il 22 maggio 1873, consapevole che poi anche lei – come stavo facendo io che frequentavo allora le scuole medie inferiori – aveva studiato sui banchi scolastici le opere di quel grande nostro corregionale. Molti decenni dopo mi sarei dedicato, mentre reggevo la Biblioteca Ambrosiana, a una minuziosa recensione di tutte le fonti bibliche, dirette o allusive, usate dall’autore nelle sue Osservazioni sulla Morale Cattolica, un vero e proprio saggio “teologico”, traendone un ricco bilancio inatteso che pubblicai però solo nel 2016 sotto il titolo Manzoni e la Bibbia, quando ormai ero insediato nel dicastero vaticano della Cultura.

Fu in quell’occasione di studi manzoniani che potei anche vagliare la biblioteca personale dello scrittore, scoprendo un’ampia presenza della Bibbia, delle relative traduzioni, parafrasi e commenti. In sintesi possiamo dire che l’insieme della strumentazione biblica che Manzoni aveva a disposizione nella sua biblioteca domestica corrispondeva a quella che poteva avere in dotazione un teologo dell’Ottocento; per certi versi era persino superiore, anche se quest’ultimo poteva poi accedere alle biblioteche dei Seminari o delle istituzioni ecclesiastiche.

A questo punto, spostiamo la nostra attenzione sull’opera più celebre, i Promessi sposi, lasciando al lettore di sentire le vibrazioni bibliche che ovviamente percorrono un’altra componente importante degli scritti manzoniani, ossia i cinque Inni sacri (Risurrezione, Nome di Maria, Natale, Passione e Pentecoste). È facile interrogarsi, sia pure sommariamente, sull’eventuale filigrana biblica del capolavoro, che peraltro è retto dalla tesi del Magnificat di Maria: «Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili». Tesi dimostrata nelle vicende antitetiche di don Rodrigo con la sua tragica fine, e dell’esito finale festoso dei due protagonisti, Renzo e Lucia e soprattutto dell’Innominato, il convertito che confessa, ricorrendo al Salmo Miserere: «Le mie iniquità mi stanno davanti».

Il cappellano-segretario del cardinale Federigo Borromeo proclamerà poi la conversione di quel potente con la citazione di un altro Salmo (76,11) nella versione latina di san Girolamo: Haec mutatio dexterae Excelsi, «è mutata la destra dell’Altissimo». Sempre secondo il latino della Vulgata, il cardinale Federigo Borromeo ricorrerà alla parabola del figlio prodigo per liquidare lo sconcerto scandalizzato e sospettoso di don Abbondio: perierat, et inventus est, «era perduto, ed è stato ritrovato», Luca 15, 24 e 32). E quando i due protagonisti, il cardinale e l’Innominato, si presentano davanti al clero convenuto, «a più d’uno dei riguardanti» ritorna «in mente quel detto d’Isaia: Il lupo e l’agnello andranno ad un pascolo; il leone e il bue mangeranno insieme lo strame» (Isaia 11,6-7).

A suggello della conversione di quel peccatore, il Borromeo porrà poi una parafrasi della sostanza della parabola della pecora smarrita e ritrovata: «Lasciamo le novantanove pecorelle, … sono in sicuro sul monte: io voglio ora stare con quella che s’era smarrita» (si veda Matteo 18,12-13 o Luca 15,4-7). L’intera narrazione riguardante l’Innominato è idealmente illuminata dal tema evangelico del perdono, formulato in una triplice appassionata ripetizione di Lucia tenuta da lui prigioniera: «Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia». È, questo, un tipico messaggio evangelico che Manzoni introduce a più riprese. Ne vogliamo evocare due che presentano scene emblematiche poste quasi agli estremi dell’intera opera.

Infatti, nel capitolo 4 si descrive la visita di fra Cristoforo al fratello di colui che egli aveva ucciso: essa è tutta intessuta sul tema del perdono implorato e concesso. In parallelo, nel capitolo 35, che è il quart’ultimo del romanzo, è Renzo che deve perdonare il moribondo don Rodrigo appestato nel lazzaretto, su impulso delle parole frementi di fra Cristoforo: «Ti ricorderesti che il Signore non ci ha detto di perdonare a’ nostri nemici, ci ha detto d’amarli?». L’intero dialogo col frate è una sorta di ideale esegesi del costante comandamento evangelico del perdonare anche ai nemici, senza misura, «fino a settanta volte sette» (si veda Matteo 5,43-45 e 18,21-22).

Si potrebbe proseguire in questa ricerca del respiro biblico nelle pagine manzoniane, talora anche attraverso citazioni che hanno reso proverbiali alcune frasi bibliche, come nel famoso asserto Omnia munda mundis, traduzione latina della frase «tutto è puro per coloro che sono puri» presente nella Lettera paolina a Tito (1,15). È la replica di fra Cristoforo allo scrupoloso fra Fazio che non tollera l’ingresso notturno di due donne, Agnese e Lucia, nella chiesetta del convento (capitolo 8). Certo, Gesù Cristo non è mai citato esplicitamente nei Promessi sposi, ma il suo messaggio intride tutta la struttura spirituale e morale dell’opera. Nelle Osservazioni sulla Morale Cattolica Manzoni dichiarava senza esitazioni che «il punto cardinale del Cristianesimo è andare a Dio per mezzo dell’Umanità di Gesù Cristo», sulla scia dell’affermazione giovannea del «Verbo fatto carne» (1,14).