Il fermento che anima la Chiesa

da Il Sole 24 Ore – 15 ottobre 2023 – di Gianfranco Ravasi

In questo articolo il Cardinal Ravasi illustra il saggio di Brunetto Salvarani che si interroga sulla cristianità dell’Occidente.

I titoli piuttosto omogenei e forse un po’ monotoni si sono moltiplicati: la Chiesa è in crisi, l’esilio di Dio, Dio non è più qui, chiese vuote, parrocchie liquide, lo scisma sommerso/emerso, la fuga delle quarantenni (dagli spazi ecclesiali), meno sacerdoti e più anziani, riforma della Chiesa, che sta bruciando, come è accaduto a Notre Dame… Anche il saggio di un osservatore attento e costante del fenomeno religioso come il giornalista, scrittore e teologo emiliano Brunetto Salvarani a prima vista sembrerebbe allinearsi alla lamentazione col titolo del suo ultimo saggio: Senza Chiesa e senza Dio. È, comunque, significativo che l’opera sia pubblicata da un editore «laico» come Laterza, ultimamente interessato a questo tema tant’è vero che dello stesso autore aveva già messo in collana una Teologia per tempi incerti, accompagnata poi con l’evocato scritto di buon successo La Chiesa brucia? di Andrea Riccardi.

È indubbiamente in corso un fermento che può essere ottimisticamente classificato di crescita ma anche pessimisticamente di declino: esso sta facendo sobbollire il cristianesimo occidentale, tant’è vero che alcuni contrappongono all’impegno dell’«inculturazione» nelle nuove coordinate sociali una nuova rilevazione dell’«esculturazione» del fenomeno cristiano dal presente storico. La pandemia ha contribuito a far impallidire ancor di più la figura del «praticante»; ma pure quella del «credente» si sta ugualmente assottigliando. Si moltiplicano, allora, le «riserve» protette, simili a oasi sacrali abitate dai movimenti conservatori nelle tesi teologiche, cultuali e culturali. Non si possono neppure ignorare – spesso nella stessa lunghezza d’onda – i cosiddetti «risvegli» carismatici o i sincretismi spiritualistici, per non parlare dei fondamentalismi, tant’è vero che, di fronte a questi vari fenomeni, due giornalisti dell’«Economist» qualche tempo fa hanno firmato per i Penguin Books un testo emblematico, God is Back.

Per far ritornare Dio nei crocevia della storia, certo, non bastano apparizioni epifaniche mariane e neppure strategie pastorali abborracciate, ma una riflessione cosciente e coerente che non smitizzi ma neppure mitizzi la crisi: in questo senso acquista un significato l’approccio, non solo pastorale ma anche ermeneutico globale, della sinodalità voluta da papa Francesco. Il saggio di Salvarani imbraccia sostanzialmente come vessillo l’invito al «buon uso della crisi», archiviando ma non ignorando le realistiche analisi sull’evoluzione della cultura e della società contemporanea. Le sue pagine si muovono, così, lasciando alle spalle le querimonie (lo ribadiamo, non infondate) e propongono una sequenza di opzioni risalendo al cuore pulsante delle fede cristiana, amputandolo del grasso aggregato nel tempo che lo comprime.

Ripetiamo: l’Occidente è da catalogare ormai irrimediabilmente come post-cristiano? A questo interrogativo, che artiglia il corpo delle Chiese e che viene accolto ormai come acquisito da ampi strati socio-culturali ove si è insediata la nuova divinità tecnologico-informatica, Salvarani (con altri studiosi del fenomeno) risponde elencando una serie di antidoti, sui quali egli è intervenuto già in passato in altri suoi scritti. Tanto per esemplificare, pensiamo alle sfide del pluralismo religioso con «l’irruzione di papa Francesco» che ha anche ricreato con vigore il tema del dialogo e della solidarietà. Si devono, poi, fare i conti col «trasloco di Dio» verso il Sud del mondo ove il seme cristiano trova terreni fertili, rispetto a quelli sassosi dell’Occidente.

Come è caro all’autore, rilevante è soprattutto il ritorno alle sorgenti, da un lato la Bibbia, dall’altro la figura di Gesù ancora incisiva e decisiva nell’atmosfera nebbiosa della secolarizzazione. Similmente è da ritrascrivere la triade delle virtù fede-speranza-carità, come ispirazione e filigrana della pratica cristiana. Con un’immagine suggestiva, Salvarani propone il passaggio da praticanti a pellegrini sia nella ricerca di verità, sia nel dialogo ecumenico, sia nell’essere oltre i nazionalismi, gli identitarismi, le grettezze etniche. Molto altro è distribuito nei capitoli del saggio, il tutto rappresentato attraverso un intarsio di riflessioni, esperienze, citazioni e così via, sempre secondo il citato programma generale del «buon uso della crisi».

In appendice segnaliamo un altro segno dell’interesse per i soggetti religiosi e morali cristiani da parte di Laterza. Nei «Saggi tascabili», la nota e prolifica collana dell’editrice barese, appare un testo appassionato di don Pierluigi Di Piazza (1947-2022), fondatore del Centro Balducci di Zugliano (Udine) per l’accoglienza di stranieri e la promozione culturale nel nome di quel grande pensatore e testimone che è stato padre Ernesto Balducci. Alla base delle sue riflessioni è posto il comandamento decalogico Non uccidere: nell’originale ebraico è più forte, «Non commettere assassinio» nei confronti di chi è privo di difesa (famoso fu il dibattito nel 1961 attorno al film dal titolo identico al comandamento, diretto da Claude Autant-Lara, con la crisi di coscienza di un seminarista che si era macchiato in guerra di un simile delitto).

Naturalmente le note di don Di Piazza virano verso il sottotitolo «Per una cultura della pace» e acquistano un significato particolare nell’attuale contesto della guerra in Ucraina. E a livello più generale si trasfigurano in un appello a non rassegnarsi all’ingiustizia, alla violenza, alle strutture oppressive, nello spirito evangelico.