Guardare in alto

Attenzione: l’articolo che segue parla del film “Don’t look up” (regia di Adam McKay, distribuito a Dicembre 2021). Chi non lo conosca è invitato a guardarlo prima di leggere l’articolo. Dopo questo scarico di responsabilità, possiamo riassumere la storia.

La trama ricorda Armageddon, con il professor Mindy (Leonardo Di Caprio) e la dottoranda Dibiansky (Jennifer Lawrence) che scoprono una meteora in rotta di collisione con la Terra. I due statunitensi avvisano subito la NASA e la presidente della nazione, una rappresentazione caricaturale dell’alta politica americana, finendo tuttavia per essere messi in secondo piano rispetto a più pressanti questioni di consenso. I mass media ridicolizzano e depotenziano il messaggio degli scienziati, non molto appetibile al pubblico. Aggiungiamoci le pressioni dei capitalisti visionari che vogliono estrarre minerali rari dalla meteora, e il risultato è che nel giro di sei mesi la Terra viene colpita ponendo fine al genere umano.

Il film tenta essere una drammedia satirica ispirata al cambiamento climatico, e il parallelismo con la meteora non è un’esagerazione. Oltre il 99% degli scienziati che studiano il cambiamento climatico ritiene che l’umanità stia causando il surriscaldamento globale, il quale, se progredirà alla velocità attuale, porterà al collasso della civiltà umana a partire dal 2050 per inondazioni e desertificazione. Da ingegnere ricercatore, specifico che un consenso del 99% equivale al consenso su medicine di comprovata efficacia. Comunque, la comicità dell’opera risulta depotenziata dalla realtà di cui vorrebbe essere satira. Le scene che dovrebbero essere caricature sagaci portano alla mente la cronaca contemporanea: coloro che negano l’esistenza della cometa anche quando è ormai prossima all’impatto ricordano le teorie del complotto sulla COVID-19; scienziati che passano dai laboratori alle prime serate e vengono inebriati dal successo; burocrati che, messi a capo di istituzioni scientifiche senza averne le qualifiche necessarie, ammantano di pseudo-scienza decisioni politiche; capitani di industria dal linguaggio messianico che spacciano i profitti delle loro aziende per l’evoluzione umana. E la girandola non finisce qui, a corte troviamo anche i premi Nobel che si credono superiori alla revisione dei pari, cittadini che si approcciano a materie scientifiche come a un qualsiasi punto su un programma di partito o a incontri calcistici, mezzi di informazione schiavi del traffico generato dalle notizie, elettori smossi solo da spettacoli e intrattenimento, social media che riducono tutto a slogan e meme. Il film vorrebbe essere una parodia di tutto questo, ma la satira dell’assurdo finisce col diventarne descrizione. Il pensiero che è proprio così che andrebbe diventa difficile da scacciare.

È anche vero che in scena tutto quello che potrebbe andare storto lo fa, e la missione spaziale internazionale non riesce a decollare. Eppure, lo sfogo del prof. Mindy in televisione verso la fine potrebbe essere quello di ognuno di noi. Di Caprio urla angosciato alle telecamere che, sì, la cometa esiste, esiste perché l’abbiamo vista e ne abbiamo le foto, e se non siamo neppure capaci di essere d’accordo su questo, allora cosa ci è successo? Come lo possiamo mettere a posto? Nella storia, l’unica scintilla di speranza è uno skater evangelico che insegna ai protagonisti a pregare a cena, in attesa della fine. E noi? Quali maschere siamo dinanzi alle crisi esistenziali che minacciano l’umanità? Guardiamo in basso, o in alto?

 

Giulio Maria Bianco