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Adulti fragili

Avvento. Qualcuno sta arrivando. Nel cristianesimo, sotto forma di neonato. Indifeso, debole, fragile. Dovrebbe essere ovvio, dunque, proteggerlo. Custodirlo. Eppure…

Quante volte “ci sono dei genitori che amano i bambini sani e invece quelli malati o con problemi no?”,ha chiesto una ragazza romena ospite di un orfanotrofio a Papa Francesco. Genitori, in questo caso più spesso padri, quasi a manifestare la difficoltà del ‘maschile’ di sostenere ciò che a prima vista sembra imperfetto. Quante volte ci sono figli che, abbandonati o non amati invece dalle loro madri, si chiedono e ci chiedono: “Che colpa ho io se lei non mi vuole? Perché lei non mi accetta?”.1

E’ difficile in questi momenti rispondere – e rispondere con parole adeguate o almeno non vuote o respingenti. Parole che sappiano superare l’umana barriera di rancore, disperazione e senso di ingiustizia vissuta.

Proprio per questo, ci si potrebbe lasciare andare anzitutto ad un gesto empatico e, come confessa d’aver fatto Papa Francesco dopo aver ascoltato tali domande, “piangere”,testimoniare la propria vicinanza “con un paio di lacrime”di ‘deandreiana’ memoria. Solo in seguito, quindi, provare ad offrire sottovoce un consiglio che colpisce per la sua ‘ingenua profondità’:

di fronte alle fragilità degli altri, come le malattie, ci sono alcuni adultiche sono più deboli, non hanno la forza sufficiente per sopportare le fragilità. E questo perché loro stessi sono fragili. Se io ho una grossa pietra, non posso appoggiarla sopra una scatola di cartone, perché la pietra schiaccia il cartone … Non abbiate paura di dire questo, di pensare questo (…), perché sono sempre uomini e donne con i loro limiti, i loro peccatie le fragilità che si portano dentro, e magari non hanno avuto la fortuna di essere aiutati quando loro erano piccoli (…), non hanno avuto l’opportunità che abbiamo avuto noi di trovare una persona amica che ci prenda per mano e ci insegni a crescere e a farci forti per vincere quella fragilità. E’ difficile ricevere aiuto dai genitori fragilie a voltesiamo noi che dobbiamo aiutarli. Invece di rimproverare la vita perché mi ha dato genitori fragili (…), perché non cambiare la cosa e dire grazie a Dio, grazie alla vita perché io posso aiutare la fragilità del genitore così che la pietra non schiacci la scatola di cartone”?1

Apparentemente ‘ingenua’, dunque, perché chiunque abbia provato a trasmettere ai più piccoli l’eredità dell’ “a volte siamo noi [giovani] che dobbiamo aiutarli [gli adulti]”,ha potuto sperimentare anche la perplessità del loro sguardo, dovuta al presunto scandalo legato a tale suggerimento – «ma come prof.? Sono loro che dovrebbero aiutarci e già non lo fanno…» – o alla sua pericolosità – se pensiamo all’«onora il padre, onora la madre e onora anche il loro bastone» del Testamento di Tito cantato da Fabrizio De André.

Reale ‘profondità’, però, perché molti di noi, crescendo, hanno sperimentato anche che c’è un punto in cui, oltre il rancore e la rabbia per l’ingiustizia subita, vi è spazio solo per l’alternativa tra un risentimento infinito del piccolo verso il grande e il paradossale aiuto del più piccolo nei confronti del più grande – con la certa speranza che un giorno questo aiuto diventerà un altrettanto paradossale ringraziamento per quanto avvenuto…

Proporre un tale aiuto, poi, ha tanto più senso, quanto più il fatto che quel padre o quella madre che “ti ama ma non sa come farlo, non sa come esprimerlo (…) e come accarezzarti”sia dovuto “a tanta miseria, a tante ingiustizie sociali che schiacciano i piccoli e i poveri, e anche a tanta povertà spirituale. Sì, (…) questo è il frutto della miseria materiale e spirituale, frutto di un sistema sociale sbagliato, disumano, che indurisce i cuori, che fa sbagliare, fa sì che noi non troviamo la strada giusta”.1

D’altra parte, quante volte gli educatori (religiosi o laici che siano) non sanno trovare le parole giuste – o peggio le trovano sbagliate – per il momento che un giovane sta vivendo, sia esso legato alla morte di una persona cara, oppure ad una scelta di vita che si sta compiendo? In tali casi, bisogna riconoscerlo, Francesco è molto poco comprensivo verso noi adulti:

Forse quel prete non sapeva quello che diceva, forse quel giorno quel prete non stava bene, aveva qualcosa nel cuore che l’ha fatto rispondere cosi. Nessuno di noi può dire che una persona non è andata in cielo. Ti dico una cosa che forse ti stupisce: neppure di Giuda possiamo dirlo”;quello che ti ha detto quel professore! Aveva paura? Eh sì, forse lui aveva paura; (…) ma perché non voleva che una ragazza andasse per la sua strada? … I sogni dei giovani fanno un po’ paura agli adulti … Tante volte la vita fa che gli adulti smettano di sognare, smettano di rischiare”.2

Resta, in ogni caso, l’esortazione ad essere misericordiosi rivolta da Papa Francesco ai giovani:

Insegnate agli adulti, il cui cuore si è spesso indurito, a scegliere la strada del dialogo e della concordia, per consegnare ai loro figli e ai loro nipoti un mondo più bello e più degno dell’uomoe “quando i genitori hanno un problema, pregare perché il problema si risolva bene – “Signore, custodisci mamma, papà, nonno, nonna” – (…) perché così voi li aiutate ad andare avanti”.4

Prof. Sergio Ventura

 

 

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1Incontro con i ragazzi romeni aiutati dalla Ong ‘FDP Protagonisti nell’educazione’ (4.1.2018).

2Dialogo con i giovani italiani (11.8.2018).

3Incontro con i giovani della parrocchia romana del “SS. Sacramento” (6.5.2018).

4Videomessaggio per la veglia mariana internazionale dei giovani (12.5.2018).