Quale tumulto porta con sé la luce!

Nelle giornate del 18 e 19 marzo 2016, si è svolta a Catania una tappa del “Cortile dei Gentili” sul tema della Luce, organizzata con l’Università degli Studi di Catania.

Il tema della Luce apre prospettive che vanno oltre la sola indagine fisica, indagando invece ambiti legati all’astronomia, alle scienze naturali, all’arte, alla musica, alla filosofia e alla teologia. La luce, infatti, richiama la creazione degli inizi ma anche la conclusione della storia, la vastità dell’universo, nello spazio e nel tempo, la grandezza dell’animo umano e della sua ragione, lo splendore della forma e, con la sua assenza, le oscurità del cuore dell’uomo e lo stesso mistero del male. Viene chiamata in causa l’idea della bellezza, declinata non solo nel suo significato strettamente estetico ma soprattutto come manifestazione del divino, della razionalità, della causalità e della pienezza di tutte le cose.

La prima giornata, nella chiesa di San Nicolò l’Arena, ha visto confrontarsi il cardinale Gianfranco Ravasi e il fisico teorico Carlo Rovelli dell’università Aix-Marseille; a moderare il dibattito, il vaticanista Rai Fabio Zavattaro.

“Una grande Università laica non teme il confronto”, ha detto Giacomo Pignataro, rettore dell’ateneo catanese. Si è trattato di uno scambio di battute dall’alto profilo intellettuale e non poteva essere altrimenti se il tema da sviluppare è tanto evidente quanto impalpabile, la luce. “Un processo che la scienza può solo raccontare”, spiega il fisico. “Un simbolo conosciuto da tutte le forme religiose”, aggiunge il biblista Ravasi. Si tratta quindi di mettersi d’accordo sul linguaggio.

Così, se l’ateismo di Rovelli nasce dall’appunto “di non gradire la bontà di chi vuol piacere a Dio, ma di amare invece chi è buono perché vuole essere buono”; il porporato ambrosiano replica: “Posta così, anche io sono ateo”. E reimposta la questione: “Aveva ragione Davide Hume nel dire che gli errori della scienza sono ridicoli mentre quelli della religione sono pericolosi”. Pace fatta? Forse sì. Almeno per una sera. Un dibattito suggestivo, dunque, all’interno di un Tempio colmo in ogni suo ordine e grado.

Il dialogo della seconda giornata, invece, si è tenuto presso il monastero dei Benedettini.

Dopo i saluti dell’arcivescovo metropolita di Catania, monsignor Salvatore Gristina, i lavori hanno visto gli interventi del cardinale Gianfranco Ravasi, di monsignor Dionisio Candido, docente presso lo Studio teologico San Paolo di Catania, e di Pierluigi Leone De Castris, ordinario di Storia dell’arte moderna presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, moderati dal direttore del Dipartimento di Scienze umanistiche dell’Università di Catania, Giancarlo Magnano San Lio.

“Tutte le grandi religioni hanno al proprio interno il simbolismo luminoso, perché attraverso la luce esprimono le due componenti essenziali del concetto di divinità: trascendenza e immanenza”, ha detto il cardinale Ravasi, ricordando che all’inizio delle Sacre Scritture si trovano due verbi dalla notevole dimensione metaforica: “ascoltare” e “vedere”. In tutta la Bibbia è presente un “contrappunto armonico” fra queste due azioni, espresso significativamente nel libro di Giobbe, che al culmine della sua esperienza di autentico credente arriva a dire, rivolgendosi a Dio: “Io ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti vedono”. “Il mio augurio – ha concluso – è che queste riflessioni sul tema della luce ci aiutino a suscitare un po’ di sana inquietudine, sull’esempio di ciò che, nel Faust, Goethe fa dire ad Ariel: ‘Quale tumulto porta con sé la luce!’”.

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