Non c’è pena valida senza la speranza

La giustizia, secondo la sua più classica formulazione, è un valore che si accompagna all’esercizio della corrispondente virtù morale cardinale. Essa consiste nella “costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto”. Dal punto di vista soggettivo la giustizia si traduce nell’atteggiamento determinato dalla volontà di riconoscere l’altro come persona, mentre, dal punto di vista oggettivo, essa costituisce il criterio determinante della moralità nell’ambito inter-soggettivo e sociale.

“Ubi societas, ibi ius” é la regola fondamentale su cui si basa la convivenza tra gli uomini. “Dalla società, così il diritto” vale ex inversis “ubi ius, ibi societas”, solo con le regole esiste il sistema sociale. E, ovviamente, le regole vanno rispettate perché solo nel rispetto delle leggi é possibile l’equilibrio sociale; “il diritto è la vendetta che rinuncia” (Adorno).

Cesare Beccaria nel suo “Dei delitti e delle pene” insegna che, molto semplicemente, la pena è conseguenza legittima ed essenziale alla violazione del diritto e, soprattutto, essa deve essere certa. Solo la punizione, senza alcuna riabilitazione, non ha parvenza alcuna di giustizia. La pena é legittima, ma chi ha sbagliato, deve avere la possibilità di reintegrarsi nella società. Questo può avvenire solo con una corretta riabilitazione del condannato che può, alla fine della sua pena, reinserirsi nella società. Solo così chi è stato dietro alle sbarre, chi ha lasciato al di là del penitenziario la propria vita, la libertà, gli affetti, non perde la speranza di continuare, una volta libero, la propria esistenza.

Oggi la condizione delle carceri é precaria e, addirittura, disumana per il sovraffollamento, condizioni igieniche pessime, spazi ristrettissimi per ogni detenuto: si parla di due metri quadrati pro capite. Tutto questo lede fortemente la dignità di ognuno. Ferisce le anime e incide sul rispetto per se stessi che si annulla automaticamente.

Fondamentale una riforma carceraria che tenga conto sí dello scopo punitivo per l’espiazione della pena ma, soprattutto del rispetto dei detenuti, salvaguardando la propria dignità di persone che, anche se rinchiuse, hanno i propri diritti.

L’autorità deve, dunque, riconoscere, rispettare e promuovere i valori umani e morali essenziali. Essi sono innati, “scaturiscono dalla verità stessa dell’essere umano ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori, pertanto, che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere”.

Considerare la persona umana come fondamento e fine della comunità politica significa adoperarsi, innanzitutto, per il riconoscimento e il rispetto della sua dignità mediante la tutela e la promozione dei diritti fondamentali e inalienabili dell’uomo: nei diritti umani sono condensate le principali esigenze morali e giuridiche che devono presiedere alla costruzione della comunità politica.

I detenuti dovrebbero obbligatoriamente svolgere un lavoro, che permetta loro, una volta liberi, di lavorare ed essere autonomi nel provvedere a se stessi. Il lavoro è fonte di ricchezza o almeno di condizioni di vita decorose. Solo così potrebbero ritornare ad essere cittadini simili agli altri, rispettosi della legge. Riprendiamo le parole del Santo Padre rivolte a magistrati e giuristi: “é necessario comminare pene che siano per la rieducazione dei responsabili e cercare il loro reinserimento nella società; fare giustizia non è la pena in se stessa. Non c’è pena valida, senza la speranza. Una pena chiusa in se stessa, che non dà possibilità alla speranza, è una tortura non è una pena!”.

La speranza non può essere soffocata da niente e nessuno, é dono di Dio ed è posta nel più profondo del cuore di ogni persona. Quanto più il presente é oscuro, tanto più la speranza lo illumina.

La Chiesa insegna che il vero bene comune è reso possibile soltanto dal perdono e dalla riconciliazione. Il perdono reciproco non deve annullare le esigenze della giustizia né, tanto meno, precludere il cammino che porta alla verità: giustizia e verità rappresentano, infatti, i requisiti concreti della riconciliazione.

Queste e altri temi saranno al centro del nuovo “Cortile dei Gentili”, “Pena e Speranza – Carceri, riabilitazione, esecuzione della pena, riforme possibili“. (Informazioni sull’evento)

Federica Testaverde