Nickname: ‘illumi-mystic’…

La giornalista spagnola Miriam Diez Bosch, durante l’Hangout di Assisi http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=1WllrpcZrs0 (19:03ss.) si è così espressa sul dialogo tra il presidente Napolitano e il cardinal Ravasi: “da un punto di vista del cortile digitale – ascoltando io da Barcellona, dal di fuori – se per un momento non guardavo lo schermo e solo ascoltavo, non sapevo esattamente chi parlava da credente e chi parlava da non credente e questo mi sembra importantissimo”.

Importantissimo? Non ci troviamo, in realtà, di fronte ad una forma di relativismo o sincretismo che svuota di serietà il dialogo, riducendolo ad un rituale retorico (Sequeri) o precipitandolo in una caotica confusione? Pensiamo, in effetti, di no. Anzi, crediamo che qui vi sia l’accesso ad un livello ulteriore di rapporto tra credente-epignostico ed ateo-agnostico.

Entrambi, approfondendo in modo radicale ed abissale la personale ricerca anti idolatrica volta, al di là di ogni reazione interiore, a purificare (Sequeri), lasciar morire (Del Noce), nullificare (Cioran) gli idoli prodotti rispettivamente dalla religione e dalla ragione, raggiungono questo stadio ultimo – ma non ultimativo; ec-stasi del sé dall’Io verso il Sé (Kristeva):

“essere veramente atei rappresenta qualcosa di veramente difficile … ho cercato di essere il più possibile ateo. Alla fine, sbarazzatomi di ogni idolo, mi è rimasta la disponibilità di accogliere quanto non veniva da me … in un’apertura all’incontro [che] Eraclito definiva l’attesa dell’inatteso” (Fabrice Hadjadi Avvenire, 3.3.11),

“i veri, grandi mistici laici del moderno sono proprio Leopardi e Kafka, perché accettano l’abisso e ci sprofondano dentro … senza tradurre la vertigine dell’insondabile in liturgie consolatorie”, ma senza essere “talmente illusi da pensare che bisogna distruggere le illusioni” (Stefano Levi della Torre, La Repubblica, 30.1.12).

Il pensare non credente, dunque, ci apparirà paradossalmente ‘credente’ nella possibilità di un vero ateismo-agnostico, poiché lo vedremo adoperarsi nello studio assiduo della teologia – proprio per evitare di ritrovarsi involontariamente ma effettivamente (cripto)credente – al punto forse da ragionare, quantomeno alla fine, “come se Dio esistesse” (Benedetto XVI): “mi sono sempre aggirato attorno a Dio come un delatore; incapace di invocarLo, l’ho spiato … ho teso agguati a Dio costringendolo a reagire e quindi a svelarsi” (Cioran). Se allora fosse “vero quello che Gesualdo Bufalino scriveva nel suo Malpensante (1987): – Solo negli atei sopravvive oggi la passione per il divino -” (G.Ravasi), anche tale ‘ateo-credente’ finirà probabilmente per invocare: “Dio che non esisti, ti prego…” (D.Buzzati)! In altri termini – poetici -, cantava Giorgio Caproni:

“Dio di volontà, Dio onnipotente, cerca, / (Sforzati!), a furia d’insistere, / – almeno – d’esistere”.

Il pensare credente, d’altra parte, ci apparirà paradossalmente ‘ateo’, ma (esclusivamente!) verso le false immagini ed idee di Dio, poiché lo vedremo adoperarsi nello studio assiduo dell’agnosticismo e dell’ateismo – ma solo per evitare di ritrovarsi involontariamente ma effettivamente ateo -, al punto forse da ragionare, sulla scia di Tommaso d’Aquino, sulla base del “presupposto, altamente spregiudicato, che all’uomo inizialmente deve sembrare evidente che Dio non esista” (B.Ippolito, Il Riformista, 16.3.10). Infine, e per questo, egli potrà umoristicamente prorompere in un: “giocate sorelle mie, a scacchi sì, per dare scacco matto al Signore” (Teresa d’Avila), ed invocare misticamente:

“prego Dio che mi liberi da dio” (M.Eckhart).

Per ritrovare oggi tutto ciò, ci si dovrà forse ri-orientare? Recandosi in India? Probabilmente. E non solo per meditare su un interessante aforisma di Gandhi – secondo il quale Dio “è anche l’ateismo dell’ateo” -, bensì soprattutto per ascoltare l’esperienza della beata Madre Teresa di Calcutta: “sin dal 1949 o dal 1950 avverto … questa indicibile oscurità … tale che veramente non riesco a vedere, né con la mente né con la ragione. Il posto di dio nella mia anima è vuoto: non c’è Dio in me … Lui non mi vuole, Lui non è qui … Il Cielo, le anime: queste sono soltanto parole prive di significato per me” (lettera dell’Aprile 1961). Ovviamente nell’agosto del 2007 – data di pubblicazione postuma di tali lettere ‘infuocate’ -, si sparse la voce, a partire dal Times, dell’incredibile scoperta dell’ateismo di Madre Teresa. A riprova dell’incapacità di comprendere il senso mistico di queste lettere ‘perdute’, scritte nella sua particolarissima ‘notte dello Spirito’, contemporanea (e non – come vorrebbe la tradizione – antecedente) all’unione con Dio: “se mai diventerò una santa, sarò di sicuro una santa dell’oscurità. Sarò continuamente assente dal Paradiso per accendere la luce a coloro che, sulla terra, vivono nell’oscurità” (lettera del 6 Marzo 1962).

In effetti, come ha detto Tomas Halìk (teologo dell’anno nel 2011): “la fede deve entrare in questa ‘notte oscura’ con una povertà di spirito tale che nulla le resti estraneo e non amato, nemmeno l’esperienza dell’assenza di Dio” (Avvenire, 25.8.11).

sergio.ventura@cortiledeigentili.com

PS: ringraziamo per l’intuizione da cui è nato il titolo un caro (ormai ex) studente, sempre in ricerca nel suo via-vai dall’ ‘Illuminismo’ agnostico al ‘Misticismo’ dantesco …