Interviste sul tema: Prospettive sull’Università. Tra passato, presente e futuro (4)

Intervista ad Alessandro Barbero – L’Università: alle origini dell’istituzione medievale

Alessandro Barbero è uno storico, medievista e scrittore italiano. Nato nel 1959, si è formato all’Università di Torino. Volto noto della televisione e dei programmi culturali, soprattutto della RAI, ha all’attivo numerose pubblicazioni. Attualmente insegna storia medievale all’Università degli Studi del Piemonte Orientale.

 

Professore, vorrei rivolgerle queste domande per far luce sulla genesi dell’università medievale. Diversi studiosi hanno messo in luce il fatto che non si tratti propriamente di una istituzione creata ex nihilo, ma che affonda le sue radici nell’antichità. Lei cosa ne pensa?

Non mi sembra proprio! Va da sé che in ogni civiltà un minimo complessa esistono insegnanti e allievi, e anche luoghi dove si concentra un numero maggiore di docenti famosi, con allievi che vengono anche da fuori per ascoltarli. Ma l’università medievale è un’altra cosa, come dimostra il suo stesso nome, che significa “comunità organizzata”, “comunità riconosciuta istituzionalmente” e che nel Medioevo può essere usato anche per designare una corporazione di mestiere oppure una comunità locale, un “comune” come diciamo noi oggi. La grande novità dell’università medievale è il fatto che i docenti – inizialmente a Parigi –, oppure gli studenti – inizialmente a Bologna –, e ben presto sia i docenti sia gli studenti, si organizzano e fanno ufficialmente parte di un organismo che li rappresenta tutti, che dà loro un’identità giuridica, e che conferisce un titolo di studio con valore legale, riconosciuto in tutta la cristianità latina. Una cosa del genere non era mai esistita prima e non ha alcun parallelo nell’antichità.

Quindi, lei non riscontra la presenza di elementi di continuità delle istituzioni antiche con l’università medievale…

Per quanto mi riguarda, credo che non esista il minimo elemento di continuità. Una “scuola”, in riferimento all’antichità, di solito vuol dire “un maestro e i suoi allievi”, cioè qualcosa che non ha assolutamente niente in comune con l’università medievale.

Cosa segna il distacco tra la tradizione classica e quella medievale?

Prendendo la domanda in termini più generali, e non in riferimento specifico all’università, bisogna intenderci su cosa vogliamo dire con “tradizione”. Per un verso la tradizione classica non è mai morta ed è stata coltivata nel Medioevo – Dante si fa guidare da Virgilio nell’Oltretomba, mica dal profeta Geremia! Per un altro verso è chiaro che la fine delle religioni antiche e la vittoria del cristianesimo segna una rottura o comunque una grande novità: è il motivo più importante per cui un intellettuale del Medioevo sente di vivere in un’epoca che non è più quella antica.

Riguardo all’università medievale, si sente spesso parlare, oltre che di “Universitas” – termine sul quale ci siamo già chiariti – di “Studium Generale”, di “Collegium” e di “Facultas”. Si tratta di termini ricorrenti anche nel nostro tempo. Può chiarirli brevemente spiegandoci anche la struttura organizzativa in vigore nel Medioevo?

Come quella di “Universitas”, “Studium generale” è un’espressione altrettanto usata, un sinonimo di università che agli occhi della gente di allora ha il vantaggio di essere più chiara, perché non può essere confusa con nient’altro, mentre “universitas” come si è detto è un termine generico. Collegi e facoltà sono semplicemente organizzazioni interne: quando le università diventano organismi complessi, in cui si insegnano materie diverse, i docenti di una stessa materia sentono il bisogno di una propria organizzazione, interna a quella universitaria (facoltà: un termine che il governo italiano, con la solita beata ignoranza, ha pensato di recente di sopprimere, senza preoccuparsi del fatto che cancellava una tradizione millenaria), i laureati di un’università possono decidere di associarsi (è uno dei significati del termine collegio, da cui “dottore collegiato”), benefattori possono creare un ente che ospita studenti e conferisce borse di studio (è un altro significato del termine collegio).

Le quattro facoltà costituivano il cuore pulsante dell’istituzione universitaria. Realizzavano davvero la loro vocazione a servizio dell’“universo delle conoscenze”?

La facoltà più importante è quasi ovunque quella di Giurisprudenza, perché le università servono innanzitutto a produrre personale qualificato per l’amministrazione statale ed ecclesiastica. La facoltà di Teologia esiste solo in alcune università, ma quella più importante è la Sorbona, che il papa riconosce come principale vivaio di teologi. La facoltà di Medicina è meno prestigiosa, ma produce comunque una élite strapagata, quella dei medici. La facoltà di Arti non è nemmeno una facoltà, è il liceo, si aggrega alle altre facoltà nelle città universitarie per comodità. Data la loro funzione, le facoltà realizzavano perfettamente il loro scopo: producevano teologi per la Chiesa, giuristi per lo Stato e per la Chiesa, medici per chi poteva pagarli. Altre funzioni non ne avevano, meno che mai di perseguire “l’universo delle conoscenze”.

L’ultima domanda è più personale. Salerno, Bologna, Parigi, Oxford, Cambridge, Padova, Siena etc… sono solo alcune tra le università di più antica fondazione. Quale esempio di antica università medievale ritiene particolarmente interessante e riassuntivo di tutta la complessa genesi di questa istituzione?

Per quanto mi riguarda, non c’è nessun esempio riassuntivo. La genesi delle prime e più importanti università è diversa caso per caso. Parigi è uno sviluppo della scuola cattedrale, e nasce dall’iniziativa dei docenti. Bologna nasce da una concentrazione spontanea in città di insegnanti di diritto romano, a sua volta legata probabilmente alla vicinanza con Ravenna dove la tradizione romana era rimasta più forte nell’alto Medioevo, ma a fondare l’università sono gli studenti. In altri casi le università sono fondazioni regie – come a Napoli o ad Oxford –, principesche – come a Pavia o a Torino –, oppure comunali – come nel caso di Siena. L’istituzione è la stessa, mentre la genesi e anche i modi concreti di funzionamento possono essere molto diversi.

di Gabriele Palasciano

 

Per approfondire:

Verger, Le università nel Medioevo, Il Mulino, Bologna, 1991.

A.I. Pini, Studio, università e città nel Medioevo bolognese, Clueb, Bologna, 2005.

Le Goff, Gli intellettuali nel Medioevo, Mondadori, Milano, 2008.