Il Wrestling ‘musicale’ tra l’Ateo e il Credente

Per usare un linguaggio caro ai giovani, quello musicale, vorremmo commentare, alla luce delle considerazioni espresse nel post Il Wrestling tra l’Ateo e il Credente, due canzoni ‘pescate’ nei diversi – ma non del tutto dissimili – mondi del rap e del cantautorato italiano.

Non sappiamo se anche De Andrè, ma certamente moltissimi ammiratori della canzone “Il testamento di Tito” (http://www.youtube.com/watch?v=XZW3NSgMK_Y), la vivono come testo quanto meno anticlericale per il lungo elenco di errori ed orrori ecclesial-religiosi: rubare e fare violenza ad uomini e animali in nome di Dio della Famiglia e della Legge, prevalenza del diritto sul perdono, incapacità di rispondere al problema di Dio di fronte al male, mancato equilibrio tra apertura alla vita e responsabilità verso tutte le creature. Perciò essa ci sembra ben rappresentare, nell’ambito musicale, questo primo livello del rapporto tra ateo e credente.

D’altra parte, ascoltando bene lo splendido finale, spesso sottovalutato, pensiamo che Fabrizio De Andrè abbia costruito una sorta di ‘ascensione’ e di ‘esodo’ (… di Tito, non a caso il buon ladrone …), partendo da considerazioni (giuste o discutibili che siano) certo rancorose ed autoassolutorie, ma finendo con la comprensione ‘terminale’ di un Uomo che Incarna la Pietà dell’Amore: ” … io nel vedere quest’uomo che muore, madre, io provo dolore. Nella pietà che non cede al rancore, madre, ho imparato l’amore … “.

Nella canzone “Tu lo chiami dio ma io non lo conosco” [http://www.youtube.com/watch?v=ZYrtI9I8_9U&feature=related ](Bisca – 99 Posse) ci sembra di poter ritrovare il pensiero ateo descritto nel post suddetto.

Dio e Pancia, due dèi non amici. Dai diversi attributi: sacro, lontano e contraddittorio l’uno, materialista, immanente e combattivo l’altro, o meglio, l’altra. E dalla diversa spiritualità: il culto e la preghiera da un lato, le mani dall’altro. Infine, i duri rimproveri verso Dio: per i morti in Suo nome, per la colpevolizzazione generata dall’uso della categoria di peccato, per il maschilismo religioso, per i preti chiusi nella serenità dei loro chiostri. Rimproveri questi, storicamente anche giustificati, ma facendo veramente di tutta l’erba un ‘fascio’.

Sì, dice bene Bisca – “non lo conosco” -, ma perché allora non parlare con chi, forse, lo ha conosciuto, o lo ha provocato a farsi conoscere, un po’ meglio?

In questa direzione ci sembra che vada il bel commento (su youtube) che sussurra: “ogni volta che sento questa canzone, ogni volta, come la prima, una piccola parte della mia fede, quella fede che ti inculcano da bambina e che diventa parte di te inconsciamente, mi abbandona. Eppure tutto questo mi lascia l’amaro in bocca…”. Perciò (sempre da youtube): “questa canzone non è contro la religione in sé, ma […] contro i religiosi che in quanto tali si credono meglio degli altri perdendo di vista l’essenziale. Io sono cattolico e condivido pienamente questo testo perché ‘il mio dio non giustifica le contraddizioni lui si schiera e combatte, non rimanda al domani […] lui mangia con me procediamo a tentoni’ ”.

sergio.ventura@cortiledeigentili.com