13 Apr Il «male» è il tema del secondo incontro del Comitato Scientifico del Cortile dei Gentili
«Serve una giustizia e serve una politica che mettano al centro le ragioni di coloro che soffrono». Così il prof. Giacomo Marramao, filosofo, docente a Roma, ha chiuso il suo denso intervento all’incontro del Comitato Scientifico del «Cortile dei Gentili», dedicato ad una riflessione sul tema del «male».
Aprendo i lavori il presidente del Comitato, il prof. Giuliano Amato, oggi giudice costituzionale, ha presentato le riflessioni dei bambini di alcune scuole di Napoli e Roma e dei degenti dell’Ospedale «Bambino Gesù», raccolte lo scorso anno. Alla domanda cosa sia il male, le risposte sono state varie e profonde, dal livello dell’esclusione individuale e della violenza tra coetanei, al livello macrosociale. Riassumendo il prof. Amato ha focalizzato il tema della «solitudine» perché «nella sua dimensione materiale e morale è l’interfaccia dei tanti mali elencati: della morte e abbandono, della povertà e discriminazione, dell’essere vittime del bullismo, dei litigi che trasformano gli amici in nemici, della mancanza di attenzione, della cattiveria che entra dentro di te e non riesci a sconfiggere».
Mons. François Bousquet ha espresso il punto di vista credente che parte dalla «finitezza» intrinseca all’esperienza umana. La salvezza non è evitare la prova «ma di avere aldilà di ogni evidenza la certezza di fede che la prova e la morte sono attraversabili a condizione di essere aggrappato al Crocifisso-Resuscitato». Allora per il credente «la questione del male si capisce a partire dalla salvezza ma non possiamo mettere tra parentesi che le ragioni prodotte in un dibattito sul male sono ragioni credenti, ragioni che nutrono la fede e che, lungi dal giustificare la forza del male, obbligano grazie a Dio a contrastarlo con la massima energia in tutte le forme».
Il prof. Marramao si è concentrato sul cambiamento di prospettiva nella riflessione, anche filosofica, portato dall’Olocausto e dai genocidi del 20esimo secolo, il «secolo del male». Ha sottolineato che «il male è superficiale, è ignoranza, non è profondo e per questo si diffonde facilmente». Ha citato il cambio di percorso di Hannah Arendt, che da sostenitrice di un’analisi del nazismo come metafisica del male, durante il processo Eichmann si accorse della tragica «banalità del male» quando a compierlo sono persone incapaci di valutare le loro stesse azioni.
Per concludere, in via provvisoria, riprendendo un’idea del teologo Metz secondo cui appunto una vera «giustizia politica» – ha detto il prof. Marramao – debba «mettere al centro della giustizia e della politica le ragioni di coloro che soffrono».
Il dibattito successivo ha portato elementi da differenti punti di vista. Gli economisti presenti (il prof. Becchetti ad esempio) hanno sottolineato che «male è una visione angusta della persona» e dell’impresa, ripiegate su se stesse e sulla loro pretesa di autosufficienza. I medici (Giannini, Gristina) hanno messo a fuoco la risposta da dare al dolore, e il silenzio che a volte viene opposto di fronte a richieste pressanti dei pazienti che coinvolgono e interrogano l’etica consolidata.
Mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, ha sintetizzato le diverse prospettive del cattolicesimo e del mondo islamico, sottolineando che la riflessione cattolica sul male e sul peccato originale ha bisogno di un linguaggio nuovo e adeguato all’oggi. Infine il prof. Amato si è chiesto se il male sia «solo» il superamento del senso del limite o «solo» effetto di scelte sbagliate. Molte sfumature dunque per un dibattito promettente e aperto a sviluppi promettenti.
di Fabrizio Mastrofini