Il “Cortile” incontra i detenuti di Regina Coeli

Si è tenuto oggi 24 novembre, al carcere di Regina Coeli, il secondo incontro promosso dal “Cortile dei Gentili” in collaborazione con l’on. Mario Marazziti, Presidente della Commissione Affari Sociali, su “Pena e Speranza. Carceri, riabilitazione, esecuzione della pena, riforme possibili”.

Un’iniziativa, questa, voluta per arrivare a toccare con maggiore concretezza la realtà oggetto del dialogo e soprattutto per dare voce ai primi interessati, i detenuti, coloro che vivono la quotidianità del carcere con tutte le sue criticità.

Ad introdurre l’incontro il Ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ricordando le parole di Papa Francesco in occasione del Giubileo dei Carcerati, ha ribadito che la dignità della persona è insopprimibile e che i diritti fondamentali non possono essere messi tra parentesi. Ha aggiunto: «Dobbiamo lavorare sullo stigma, sul segno che rimane su chi ha vissuto il carcere». Proprio in Senato si sta lavorando affinché la pena tenga conto dell’individualità della persona e della condotta del soggetto. «Non si può – ha affermato – pensare di impartire pene uguali a soggetti diversi. Questo porta a una deresponsabilizzazione della popolazione carceraria».

L’on. Marazziti ha centrato il riflettore sui detenuti, lasciando spazio alle loro più svariate domande: da “esiste una speranza di indulto o amnistia?” a “noi detenuti potremmo renderci utili e aiutare i terremotati?” e ancora “quando avremo una moschea in carcere?”. Solo dopo, ha ricordato come sia difficile in tempi brevi arrivare a un cambiamento, ma non per questo bisogna abbandonare la possibilità di mutare l’esecuzione della pena. Non va bene il fine pena mai, ci deve essere spazio per la speranza.

A rispondere alle domande dei detenuti in parte è stato il Card. Ravasi, che ha evidenziato come il “Cortile dei Gentili” sia un simbolo emblematico per la loro vita, inteso come spazio dove ognuno possa esprimere le proprie ragioni, in un dialogo alla pari: «ecco perché le vostre domande sono molto significative qui oggi. Sono la vostra voce». Ha concluso con la parabola tibetana del viandante nel deserto, che narra di un uomo che all’orizzonte, lungo la pista che sta percorrendo, vede profilarsi una figura che avanza: sembra una belva. Purtroppo non c’è scampo nel deserto, deve proseguire. La figura, mano a mano meno lontana, si rivela essere quella di un uomo. Ma potrebbe essere un predatore, un brigante solitario. Il viandante avanza ancora, senza osare quasi alzare gli occhi, finché i due non si trovano finalmente di fronte: “Levai gli occhi, lo guardai in volto: era il mio fratello che da anni non incontravo!”. «Anche noi dovremmo guardarvi in faccia e vedere in voi delle persone con una scintilla, la fiamma della speranza» ha aggiunto il Cardinale.

Si sono poi incrociate più dimensioni con l’intervento dell’Imam della Moschea della Magliana Sami Salem, tra cui quella religiosa e quella culturale: «Trovo questo incontro giustissimo e fortissimo. Un primo passo per abbattere i pregiudizi. Io non vengo in carcere per dare speranza, ma per avere da voi la speranza. Ma devo entrare qui dentro come Imam e non come mediatore interculturale».

Sono poi seguiti il toccante intervento di Fiamma Satta, che ha raccontato loro cosa ha significato per lei la perdita di bisogni primari equiparabili alla libertà, come l’autonomia e la salute, quello di Nicoletta Braschi, che ha ribadito il messaggio dello storico film “La vita è bella”, in cui Benigni voleva che suo figlio e sua moglie fossero attraversati dalla vita e non dal trauma, e la conclusione di Santi Consolo, attuale direttore del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, che sente come dovere primario quello di trasformare le difficoltà in opportunità per i detenuti, perché la vita, comunque vada, è pur sempre un dono.

>>QUI è possibile rivedere l’incontro