09 Feb I detenuti di Regina Coeli si raccontano attraverso la poesia
“Storie di Regina Coeli” è una raccolta di poesie scritte dai detenuti, in collaborazione con gli studenti delle scuole superiori, che nasce come percorso rieducativo e di riscatto.
I detenuti in carcere espiano una pena fisica, la mancanza della libertà, che conduce a una pena mentale, di dolore della privazione. La poesia è mettere nero su bianco il proprio pensiero. Quest’ultimo ha un potere illimitato, va oltre i confini imposti dalle “sbarre della gabbia”. La poesia non ha barriere e riesce a trasmettere stati d’animo e pensieri come nessun’altra cosa; è un sogno, è un ricordo.
La poesia composta in carcere è un cammino che porta alla verità della coscienza individuale, è la cura di un’anima che vive “l’esperienza sofferta dell’espiazione morale”.
La poesia è libertà, è evasione.
Riportiamo di seguito “La gabbia” di Bartholomew:
La gabbia fa rima con la rabbia,
ma è semplicemente nella mente
Dalla gabbia non vedi niente, ma mi allarga l’orizzonte
Nella gabbia ho capito il dono della solitudine,
ho migliorato la mia abitudine
Sono un eterno bambino,
per questo riesco a far ridere ogni bambino
Conservo con amore la mia parte bambina
che resta eterna
La parte adulta è cattiva, la mia parte adulta ragiona
e spesso non perdona, la mia parte bambina dimentica
Antonio Gramsci ha ragione dicendo
di essere pessimista per intelligenza
e che invece è ottimista per diritto
Chi nega la verità è nella propria gabbia,
chi nega un debito è nella propria gabbia
Sono un guerriero della luce
Il mio alleato è la solitudine,
la gabbia si scioglie come la sabbia.
Federica Testaverde