16 Feb Ci può essere dialogo al riparo da ogni rischio?
Lo speciale “Quel che resta di Ratisbona” è a cura di Gabriele Palasciano. Testo di Andrea Canevaro*.
Ci può essere dialogo al riparo da ogni rischio? È difficile immaginarlo. Meno che meno nel dialogo fra religioni e culture diverse. Una religione trasforma le convinzioni in verità che non possono essere messe indubbio. Una cultura fa sì che chi vi è immerso consideri ciò che vive come senza dubbio naturale. Il dialogo è indispensabile, e nel dialogare si corrono dei rischi. I rischi sono inevitabili nel dialogo. Pensiamo che Benedetto XVI sia stato capito, in quel suo discorso di Ratisbona, nel tempo successivo, anche grazie al suo gesto che ha portato al papato di Francesco. Qualcuno si sarà detto: Benedetto non è lo studioso che ha sbagliato ruolo. È lo studioso che ha voluto dialogare mettendo da parte certe prudenze che a volte consigliano di rifugiarci nelle cerimonie prive di reali contenuti. Benedetto XVI ha ritenuto indispensabile il dialogo, e quella era una buona occasione. Ma perché il dialogo è indispensabile? Nell’ambito delle scienze dell’educazione, un riferimento interessante è quello al conflitto socio-cognitivo, come passaggio fondamentale per un processo cognitivo. Chi ha un quadro apparentemente perfetto della realtà, scopre che quel quadro è in conflitto con ciò che incontra. Deve considerare ciò che incontra come estraneo alla realtà? O deve riconsiderare la realtà? La seconda opzione può essere intesa come rinuncia, o può essere intesa come perfezionamento. Nel primo caso, ogni incontro è vissuto come carico di minacce. Nel secondo caso come possibilità di migliorare.
Tutto questo sembra teorico. Nella pratica, il dialogo vive di aspetti apparentemente secondari, come il contesto in cui si svolge, la prossemica, i cerimoniali, gli atteggiamenti e gli abiti indossati. E molti altri particolari di questo tipo. Anche il tono di voce può influenzare l’andamento di un dialogo. Tanti elementi che possono costituire la meta della comunicazione. Non possiamo studiarla a priori per garantire il successo, e anzi: a volte, uno studio che predefinisca la meta della comunicazione, riduce quella componente importante del successo di un dialogo che è la possibilità di ciascuno degli interlocutori di essere sé stesso. E allora, come comportarsi di fronte agli inevitabili rischi contenuti nella volontà di dialogo? Non sforzandosi di non correre rischi. Abbiamo visto che è impossibile. Piuttosto cercando di vivere i rischi come possibilità. E questo significa allargare gli orizzonti: “un allargamento del nostro concetto di ragione e dell’uso di essa” – ha detto il Pontefice a Ratisbona. […]
Procediamo con l’“Illuminismo della candela”. Benedetto XVI, che a Ratisbona ha accennato all’autentico Illuminismo, ha acceso la sua, e ha fatto luce su un conflitto che, lasciato nel buio, continuerebbe a essere sempre più pericoloso. Dobbiamo tenere sempre a mente le parole di Gandhi (1869-1948). Questi ha detto che l’essere umano si distrugge: con la politica senza principi etici; con la ricchezza senza lavoro; con l’intelligenza senza il carattere; con gli affari senza morale; con la scienza senza umanità; con la religione senza la fede; con la solidarietà senza il sacrificio di sé.
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* Andrea Canevaro (1939) è professore emerito dell’Università di Bologna. È stato collaboratore delle Università di Lione (Francia) e Montréal (Canada). Dal 2006 ha fatto parte della Commissione tecnico-scientifica dell’Osservatorio per l’integrazione dei disabili del Ministero della Pubblica Istruzione. È stato anche delegato per gli studenti con disabilità del Magnifico Rettore Calzolari presso l’Università di Bologna.